MEDIAZIONE: IL DEPOSITO TARDIVO DELL’ISTANZA DETERMINA L’IMPROCEDIBILITÀ DEL GIUDIZIO

Le parti devono partecipare al primo incontro per assolvere la condizione di procedibilità

Commento a sentenza Corte d’Appello di Milano, 4 luglio 2019

di Armando Pasqua

Quando la mediazione obbligatoria non è stata esperita, il giudice assegna alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione della relativa istanza, fissando la successiva udienza non prima che siano decorsi tre mesi (art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010).

Ma come può qualificarsi il termine in questione? Ordinatorio o perentorio? E quali sono gli effetti che ne conseguono?

Dai fatti di causa, emerge che all’udienza fissata dal giudice istruttore del Tribunale di Pavia – ben sei mesi dopo l’udienza di rinvio in mediazione –, le parti non avevano ancora provveduto ad esperire il tentativo di conciliazione, avendo depositato la relativa istanza solo quattro giorni prima dell’udienza medesima. Da qui, la conseguente declaratoria di improcedibilità del giudizio.

La Corte d’Appello di Milano, nella sentenza in esame, ha dovuto pronunciarsi sul ricorso nel quale, con il primo dei motivi, si lamenta l’erronea qualificazione del termine per introdurre la mediazione come perentorio; più precisamente, secondo gli appellanti “ricorre l’improcedibilità solo nell’ipotesi di mancato esperimento del procedimento di mediazione e non anche nel caso di ritardata presentazione della domanda di mediazione”.

A tale assunto la Corte meneghina ribatte evidenziando come il Tribunale di prime cure avesse dichiarato l’improcedibilità della domanda in considerazione del mancato effettivo esperimento del tentativo di mediazione, giusta la presentazione colpevolmente tardiva dell’istanza a soli quattro giorni dall’udienza fissata dal giudice per consentire alle parti un proficuo esperimento del procedimento de quo, a prescindere dalla qualificazione come perentorio del termine indicato dall’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. 28/2010.

Il giudice di primo grado, nel motivare la decisione, ha provveduto ad illustrare i due orientamenti giurisprudenziali formatisi nel corso degli anni sull’inquadramento del termine in questione:

  • secondo il primo indirizzo, il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione avrebbe natura perentoria, con la conseguente improcedibilità del giudizio in caso di inosservanza;
  • il secondo indirizzo, viceversa, afferma la natura ordinatoria del termine, ammettendo, dunque, il deposito tardivo dell’istanza di mediazione senza incorrere nella sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale, ma precisando altresì che tale ritardo non deve pregiudicare l’effettivo esperimento del tentativo.

Anche aderendo alla seconda tesi, il colpevole ritardo di parte attorea nel depositare la domanda di mediazione, ha pregiudicato, di fatto, l’esperimento del tentativo di mediazione, dato che non è stato possibile, per l’organismo di mediazione, fissare il primo incontro in un lasso di tempo inferiore a quattro giorni, provocando così la declaratoria di improcedibilità, confermata dalla Corte di Milano, la quale ha rigettato il motivo di appello così argomentando: “la natura ordinatoria del termine […] è compatibile con la declaratoria di improcedibilità nei casi […] di mancato effettivo esperimento della mediazione entro la data dell’udienza fissata per tale scopo”.

In altri termini: se è vero, com’è vero, che la condizione di procedibilità può considerarsi assolta quando si dà corso al primo incontro davanti al mediatore, la qualificazione del termine, se ordinatorio o perentorio, non incide in alcun modo sulla vicenda in esame.

Infine, viene richiamato il principio espresso dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8473/2019, secondo cui, all’esito del primo incontro (c.d. “di programmazione”), dopo la fase introduttivo-illustrativa della procedura da parte del mediatore, è sufficiente la dichiarazione di non voler procedere oltre, di una o entrambe le parti presenti al tavolo (anche rappresentate dai rispettivi difensori), per l’avveramento della condizione di procedibilità.

LEGGI QUI LA SENTENZA:

LEGGI ANCHE: COMMENTO ALLA SENTENZA DI CASSAZIONE 8473/2019

Circa Armando Pasqua

Praticante avvocato, laureatosi con tesi “Il procedimento della mediazione civile e commerciale”, collabora con Aequitas ADR e ne è mediatore presso la sede di Parma.

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